Notizie Radicali
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  lunedì 29 agosto 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Herbert Pagani, la stella gialla, i radicali

di Valter Vecellio

Bizzarra è la memoria, e ancor più bizzarri sono i suoi percorsi. Qualcuno l’ha paragonata a un bimbo in riva al mare: raccoglie quella conchiglia e non l’altra che è vicina, e nessuno può sapere – neppure il bimbo – perché questa e non quella…

 

Da quando Marco Pannella ha proposto la “stella gialla” come simbolo, “segno” visivo della discriminazione patita dai radicali e dai cittadini tutti, in questo paese di democrazia negata e legalità violata, mi ripetevo, canticchiandola, una filastrocca musicalmente povera, con versi bellissimi e melanconici. Una poesia musicata, scritta tanti anni fa, da un nostro compagno che da tempo non c'è più: Herbert Pagani.

 

Per chi non l’ha conosciuto: è stato un cantante famoso, autore di “canzoncine” come “Lombardia”, “Hai, le Haway”, “Cin cin con gli occhiali”; ma anche della struggente “Albergo a ore”; e non solo. “Ormai è impossibile parlare di canzone contemporanea senza tener conto del fenomeno Pagani”, ha detto di lui il poeta Louìs Aragon. Oggi pochi lo ricordano, e non è giusto.


Herbert si chiamava Avraham Haggiag Pagani, questo era il suo nome completo; figlio di una coppia di ebrei libici italianizzati dall’amministrazione coloniale. Si era poi trasferito, per ragioni familiari, in Austria, Germania, Svizzera, Francia. Ne aveva ricavato una simpatica babele linguistica, che però era al tempo stesso una sorta di esperanto che gli consentiva di comunicare con tutti.


Ho detto cantante, ma Pagani era molto di più: pittore, incisore, poeta, scrittore... Ad appena vent’anni espose le sue prime opere, alla Galleria Pierre Picard di Cannes. Venduti tutti i disegni, a privati e a collezioni in Francia, Italia, Stati Uniti. E’ stato il più giovane esponente della corrente detta “Realisme fantastique”. Ha disegnato le copertine per alcuni libri importanti, come “La Fantarca” di Giuseppe Berto, le “Cosmicomiche” di Italo Calvino, “Brave New World” di Aldous Huxley. Tra un disegno e l’altro scriveva i testi delle sue prime canzoni; e prendeva così corpo una singolare e curiosa attività: dai quadri alle poesie, dalle canzoni alla prosa, la scenografia teatrale, l’animazione radiofonica, le incursioni nel mondo della pubblicità, praticamente tutte le discipline della comunicazione.

 

Il suo primo album, “Amicizia”, ha vinto il Premio della Critica. Un crescendo. Nel 1971 il debutto a Parigi con “Concerto d’Italie”, un grande spettacolo dove si muoveva all’interno dei suoi stessi disegni, proiettati su un grande schermo. In parallelo l’impegno per la pace in Medio Oriente, e la scoperta delle sue radici. “Arringa per la mia terra” è una sorta di editoriale scritto all’indomani della mozione ONU che assimilava il sionismo al razzismo. E’ un testo vibrante e coraggioso, che Herbert ha letto nel novembre del 1975 dai microfoni di “Europe 1” e alla televisione francese nell’aprile del 1976, durante un “Grand Echiquier”, dedicato a lui:

“…Di passaggio a Fiumicino sento due turisti dire sfogliando un giornale “Fra guerre e attentati non si parla che degli ebrei, che scocciatori...E vero siamo dei rompiscatole; sono secoli che rompiamo le balle all’universo. Che volete? Fa parte della nostra natura. Ha cominciato Abramo col suo Dio unico, poi Mosè con le tavole della legge, poi Gesù con l’altra guancia sempre pronta per la seconda sberla, poi Freud, Marx, Einstein, tutti esseri imbarazzanti, rivoluzionari, nemici dell’ordine. Perché? Perché l’ordine, quale che fosse il secolo, non poteva soddisfarli, visto che era un ordine dal quale erano regolarmente esclusi; rimettere in discussione, cambiare il mondo per cambiare destino, questo è stato il destino dei miei antenati; per questo sono sempre stati odiati da tutti i paladini dell’ordine prestabilito. Un antisemita di destra rimprovera agli ebrei di aver fatto la rivoluzione bolscevica. E’ vero. C’erano molto ebrei, nel 1917. Un antisemita di sinistra rimprovera agli ebrei di essere i proprietari di Manhattan, i gestori del capitalismo... è vero ci sono molti capitalisti ebrei. La ragione è semplice la cultura, la religione, l’idea rivoluzionaria da una parte, i portafogli e le banche dall’altra sono stati gli unici valori mobili, le sole patrie possibili per quelli che non avevano una patria. Ora che di patria ne esiste una, l’antisemitismo rinasce dalle sue ceneri, o meglio, scusate, dalle nostre, e si chiama antisionismo. Prima si applicava agli individui, adesso viene applicato a una nazione. Israele è un ghetto, Gerusalemme è Varsavia. Chi ci assedia non sono più i tedeschi ma gli arabi e se la loro mezza luna si è talvolta mascherata da falce era per meglio fregare le sinistre del mondo intero. Io, ebreo di sinistra, me ne sbatto di una sinistra che vuole liberare tutti gli uomini a spese di una minoranza, perché io faccio parte di quella minoranza. Se la sinistra ci tiene a contarmi fra i suoi non può eludere il mio problema. E il mio problema è che dopo le deportazioni in massa operate dai romani nel primo secolo d.C. noi siamo stati ovunque banditi, schiacciati, odiati, spogliati, inseguiti e convertiti a forza. Perché? Perché la nostra religione, cioè la nostra cultura erano pericolose. Qualche esempio? Il giudaismo è stato il primo a creare il sabato, il giorno del Signore, giorno di riposo obbligatorio. Insomma il week-end. Immaginate la gioia dei faraoni, sempre in ritardo di una piramide. Il giudaismo proibisce la schiavitù. Immaginate la simpatia dei romani, i più grossi importatori di manodopera gratuita dell’antichità. Nella Bibbia c’è scritto “La terra non appartiene all’uomo, ma a Dio”. Da questa frase scaturisce una legge quella della estinzione automatica dei diritti di proprietà ogni 49 anni. Vi immaginate la reazione dei papi del Medio Evo e degli imperatori del Rinascimento?
Non bisognava che il popolo sapesse. Si cominciò quindi col proibire la lettura della Bibbia, che venne svalutata come Vecchio Testamento. Poi ci fu la maldicenza muri di calunnie che diventarono muri di pietra i ghetti. Poi ci fu l’Indice, l’inquisizione e più tardi le stelle gialle. Ma Auschwitz non è che un esempio industriale di genocidio. Di genocidi artigianali ce ne sono stati a migliaia. Mi ci vorrebbero dieci giorni solo per far la lista di tutti i pogrom di Spagna, di Russia, di Polonia e del Nord Africa. A forza di fuggire, di spostarsi, l’ebreo è andato dappertutto. Si estrapola il significato ed eccoci giudicati gente di nessun posto. Noi siamo in mezzo agli altri popoli come gli orfani affidati al brefotrofio. lo non voglio più essere adottato, non voglio più che la mia vita dipenda dall’umore dei miei padroni di casa, non voglio più affittare una cittadinanza, ne ho abbastanza di bussare alle porte della storia e di aspettare che mi dicano “Avanti”. Stavolta entro e grido; mi sento a casa mia sulla terra e sulla terra ho la mia terra. Perché l’espressione “terra promessa” deve valere per tutti i popoli meno che per quello che l’ha inventata? Che cos’è il sionismo? Si riduce a una sola frase; l’anno prossimo a Gerusalemme. No, non è lo slogan di qualche club di vacanza; è scritto nella Bibbia, il libro più venduto e peggio letto del mondo. E questa preghiera è diventata un grido, un grido che ha più di 2000 anni, e i padri di Cristoforo Colombo, di Kafka, di Proust, di Chagall, di Marx, di Einstein, di Modigliani, e di Woody Allen hanno ripetuta, questa frase, almeno una volta l’anno il giorno della Pasqua. Allora il sionismo è razzismo? Ma non fatemi ridere. Il sionismo è il nome di una lotta di liberazione e come ogni movimento democratico ha le sue destre e le sue sinistre. Nel mondo ciascuno ha i suoi ebrei. I francesi hanno i corsi, i lavoratori algerini; gli italiani hanno i terroni e i terremotati; gli americani hanno i negri, i portoricani; gli uomini hanno le donne; la Società ha i ladri, gli omosessuali, gli handicappati. Noi siamo gli ebrei di tutti. A quelli che mi chiedono “E i palestinesi?” rispondo “lo sono un palestinese di 2000 anni fa, sono l’oppresso più vecchio del mondo, sono pronto a discutere con loro ma non a cedergli la terra che ho lavorato. Tanto più che laggiù c’è posto per due popoli, e due nazioni”. Le frontiere le dobbiamo disegnare insieme. Tutta la sinistra sionista cerca da 30 anni degli interlocutori palestinesi, ma l’OLP, incoraggiata dal capitale arabo e dalle sinistre europee, si è chiusa in un irredentismo che sta costando la vita a tutto un popolo, un popolo che mi è fratello, ma che vuole forgiare la sua indipendenza sulle mie ceneri. C’è scritto sulla carta dell’OLP “Verranno accettati nella Palestina Riunificata solo gli ebrei venuti prima del ’17". A questo punto devo essere solidale con la mia gente. Quando gli arabi mi riconosceranno, mi batterò insieme a loro contro i nostri comuni oppressori. Ma per oggi la famosa frase di Cartesio “Penso, quindi sono” non ha nessun valore. Noi ebrei sono 5000 anni che pensiamo e ci negano ancora il diritto di esistere. Oggi, anche se mi fa orrore, sono costretto a dire mi difendo, quindi sono
”.


Schierato a sinistra, Herbert ha appoggiato il Mapam, l’organizzazione pacifista israeliana; ha sostenuto le campagne elettorali di François Mitterrand e di Mario Soares, e per la salvaguardia di Venezia, cui ha dedica disegni e un pamphlet cinematografico sui pericoli che minacciavano la città e la laguna. Nel 1979 scrive un romanzo, “Préhistoire d’amour”, inedito, e alla pittura. Nel 1987 è nominato Directeur Artistique du Centre Mondial de l’Heritage Culturel du JusaYsme Nord Africain, museo e centro culturale nel cuore di Gerusalemme. Si iscrive al Partito Radicale.


Il suo ultimo intervento politico è la “Lettera ai fratelli, letta a Parigi e in Italia” pubblicata dal “Corriere della Sera”, il 13 aprile 1988:


Con la vita sospesa tra un telegiornale e l’altro, giro nel mio laboratorio, incapace di lavorare. Cerco nel concerto delle esecrazioni le poche voci oneste, che ricordano il “prima” non per scusare, ma per spiegare il “dopo”, e colleziono i ritagli di questi rari parenti del pensiero, magro album di famiglia. Ho rinunciato alla parola da anni, ma il mio silenzio è sempre più affollato da cose non dette. Nella certezza che nessuno mi darà ascolto, l’urgenza di scrivere a tutti. Fratelli d’occidente. Le svastiche ricominciano a sporcare i vostri muri. Prima di parlare, puliteli. Fratelli yankees. Quella di David non è una stella della bandiera americana. Israele è solo una briciola della grande focaccia medio-orientale. Cosa aspettate a mettervi a tavola con i russi? Più il tempo passa più la briciola indurisce. A qualcuno finirà per restare in gola. Fratelli russi. Mai stati così discreti come da quando vi hanno dato la parola. Troppo da fare tra armeni e afghani o desiderio di apparire neutrali in vista dell’ipotizzata conferenza internazionale? Avreste una strategia più efficace del silenzio lasciate uscire i vostri ebrei; Israele vi riconoscerà titoli morali per proporre al Medio oriente una pace che soddisfi anche voi. Fratelli delle sinistre. La vostra sensibilità al calvario dei palestinesi ha accenti sublimi, e radici malsane. Intrisi in un cristianesimo che credete di aver evacuato, troppi di voi sono ancora convinti che la vocazione degli ebrei sia di abitare esclusivamente la storia altrui. Malgrado l’olocausto continuate a dubitare della necessità di uno Stato ebraico. Lievito per secoli delle vostre culture, la nostra volontà di ridiventare pane vi sembra innaturale. Allora chiedo dopo quanti anni lo schiavo perde il diritto alla libertà e l’esule alla patria? Duemila sono forse troppi? Siamo caduti in prescrizione? E ancora perché un popolo sia legittimo abitante di una terra occorre che l’abbia conquistata con la spada, l’aratro, il tempo, il denaro o un voto internazionale? Scegliete Israele è stato argomento nel tempo (“‘anno prossimo a Gerusalemme” preghiera bimillenaria di Pasqua), ricomprato col denaro (bossoli del Kkl), bonificato con l’aratro (kibbutz), difeso con la spada (4 guerre in 40 anni), e votato dall’ONU (29 novembre 1947, 33 voti a favore, 13 contrari e 10 astensioni). Se oggi Sansone dà bastonate alla cieca è anche colpa della vostra compiacenza nei confronti dei filistei (Palestina deriva da Falastin, filisteo). Fratelli cristiani. Il vostro Salvatore è nato dal grembo di una delle vostre donne. L’antisemitismo, nel grembo della vostra chiesa. Non c’è visita di Papa in Sinagoga che ce lo possa far dimenticare. Riconosca lo Stato di Israele, Santità, e i giudizi del suo gregge cominceranno ad avere per noi un qualche valore. Fratelli musulmani, figli come noi di Abramo. Israele è un paese imperfetto nato da un sogno necessario. Se non potete accettarlo è perché rincorrete un sogno opposto quello dell’Unità Araba. Nato dal ricordo dei vostri splendori passati, fu il vostro cemento nei secoli dell’umiliazione coloniale. Con la fine di questa è crollato. Il “Mondo Arabo” non esiste. Esistono solo dei paesi arabi, dai regimi incompatibili, più o meno legati da una stessa fede, e da una stessa malafede nei confronti di Israele. Il vostro scopo non è mai stato quello di dare una patria ai palestinesi, ma di impedire agli ebrei di averne una. Poiché fummo nella vostra storia ciò che le donne furono nella vostra famiglia - soggetti di second’ordine, senza diritto di parola - il nostro desiderio di partecipazione è sembrato anche a voi scandaloso, contro natura. Incapaci di espellere Israele dal vostro corpo geografico, avete espulso gli ebrei dal vostro corpo sociale. Li avete costretti alla fuga. Così facendo avete confermato la vocazione al rifugio di Israele; avete incrementato gli effettivi del vostro nemico; vi siete privati di uno degli argomenti più trainanti della propaganda araba Israele scheggia occidentale. Oggi la popolazione israeliana è costituita per due terzi da profughi dei paesi arabi, o, come dice sua maestà Hassan II del Marocco, da arabi di religione ebraica. I palestinesi sono rimasti la vostra ultima arma. Li avete caricati come una bomba a orologeria con timer generazionale. Divenuta anch’essa troppo difficile da maneggiare, l’avete abbandonata sul terreno. Oggi esplode a catena, ovunque. Fratelli palestinesi, i campi nei quali siete nati sono opera di una precisa volontà araba. Gli atti terroristici di quelli che si ergono a vostri paladini non fanno che ritardare la vostra liberazione. E’ più conveniente discutere con un nemico sincero che prestar fede a leaders di provata falsità. Oggi siete soli davanti a Israele. Guardate bene questo esecrato avversario.
Non se ne andrà mai. Per due ragioni Israele è l’unico paese al mondo dove sporco ebreo significa un ebreo che non si lava. E’ l’unico in cui “invasori”, quando scavano il suolo della terra occupata, ritrovano le tombe dei loro antenati. E’ inoltre l’unico di questa parte del globo in cui si può votare, esprimersi liberamente e, per assurdo che possa sembrare, è il solo dove abbiate ancora qualche amico. E’ troppo tardi per chiamarli in aiuto? Spero di no. Prego di no. Dio, al quale non credo, al quale credo, al quale faccio tanta fatica a credere, se è vero che un giorno fermasti il sole, ferma per un istante la moviola dei secoli. Congela a mezz’aria pietre, pallottole e bastoni. Gli uomini hanno forse ancora qualcosa da dirsi, e io due parole da dire ai miei. Ascolta, Israele. L’Eterno tuo Dio è Uno, e i suoi figli sono tutti i bambini del pianeta. Secondo me c’è un refuso nella Bibbia tu non sei il popolo eletto ma il popolo elettore. Hai eletto Dio a Presidente della tua storia per l’eternità, e se sei sopravvissuto fino ai nostri giorni allorché tante civiltà son scomparse, è perché sei stato fedele alle sue leggi. Egli ti ordina di difenderti ma anche di amare. Amare assumersi le responsabilità del prossimo. Il tuo prossimo è la davanti a te. Ha demolito la tua immagine davanti agli occhi del mondo, rubato i tuoi amici, ucciso i tuoi figli, e si è servito dei suoi come esca. Guarda chiaro, Israele! Avviene per i popoli come per i bambini. Alcuni si danno una vita violenta per mancanza di genitori vigili alle loro necessità. Prima di te, Israele, i palestinesi come nazione non esistevano. Sono nati dall’averti visto nascere, sono cresciuti all’ombra delle tue vittorie, e se oggi gridano che vogliono tutto, anche Tel Aviv e Haifa, è più per disperazione che per convinzione non hanno più niente. Lo so, avrebbero potuto tenersela quella parte di terra assegnatali dall’ONU nel ’47. Ma chi sbaglia i calcoli nella storia non può essere penalizzato in eterno. Lo so, non c’è con chi parlare. Tutti i palestinesi moderati sono più o meno succubi dell’OLP, e l’OLP prevede ancora, nel suo statuto, la liquidazione dello Stato di Israele. Lo so, non esiste in tutta la diplomazia un caso di uno Stato sovrano disposto a trattare con chi si prefigge la sua distruzione. Lo so, il mondo ti chiede l’impossibile trovare, a rischio della tua sopravvivenza, una soluzione che poggi sulla morale che tu hai insegnato al mondo e che esso ogni giorno, ovunque, trasgredisce. Il mondo, che di te non ha avuto pietà, pretende da te pietà per chi di te non ne ebbe e domani, probabilmente, non ne avrà. Provaci lo stesso. Siamo abituati ai miracoli. E i miracoli oggi sono quelli degli uomini che con un gesto inatteso dirottano il corso della storia. Tendi la mano, Israele, anche se non c’è nessuno a stringerla, e prendi il mondo a testimone di questa mano tesa. Finalmente si saprà chi sei non una scheggia occidentale piantata nel cuore del mondo arabo, ma la punta di diamante del Medio oriente nel mondo. Shalom, Salam”
.

Herbert è morto a New York, leucemia. Aveva appena 44 anni. Quello che segue è il testo de “La stella d’oro”:

 

Quando esisteva ancora Dio
il nonno d'un bisnonno mio
di professione contadino,
tirava avanti con fatica
un campicello da formica,
tre zolle al fuoco del mattino...
Ed era un uomo calmo e pio
che divideva l'esistenza
fra la famiglia ed il suo Dio
e non aveva che un tesoro
Una stella d’oro!

Un giorno ch'era lì a zappare
vide degli uomini arrivare
in una nuvola di guerra.
"Volete acqua? - domandò.
Quelli risposero "Ma no
quel che vogliamo è la tua terra!"
"Ma questa poca terra è mia!"
Loro risposero "Va via!"
Lui prese il Libro del Signore
la moglie, i figli, e il suo tesoro
La sua stella d’oro!

E camminando attraversò
la notte dell'eternità,
chiedendo terra da zappare...
"Datemi anche una palude,
ed io con queste mani nude
ve Ia saprò bonificare!"
"Va via, straniero, o passi un guaio
se vuoi restare, l'usuraio
è tutto quello che puoi fare!
Tanto ce l'hai un tuo tesoro
La tua stella d’oro!

Rimasto senza campicello
si disse ho solo il mio cervello,
e quello devo coltivare!
Divenne scriba e poi dottore
poi violinista e professore
ed Archimede nucleare!
"Ma quanti sono, santo lddio,
come ti volti, c'è un giudio!
Come bollare questa peste?
Gli cuciremo sulla veste
la sua stella d’oro!

E cominciò la grande caccia
E mille cani su ogni traccia
e fu la fiera del terrore.
Braccate in casa e per le strade
erano facili le prede
con quella stella sopra il cuore.
E Il nostro vecchio contadino
perdette tutto in un mattino
moglie, figli, cuore, testa
e disse adesso non mi resta
che la stella d’oro!

E allora corse verso il mare
Lo traversò per ritrovare
La terra che era stata sua...
"Signori, la vorrei comprare !"
"Le dune qui costano care!"
"Fa niente, pago!" "Allora è tua!"
Ficcò la vanga nel deserto
quando uno sparo all'orizzonte
attraversò lo spazio aperto.
Cadde in ginocchio e sulla fronte
una stella d’oro
una stella d’oro!

 

Dite che Pagani e la sua poesia “La stella d’oro” c’entrano poco o nulla con le nostre denunce, le nostre analisi, la nostra resistenza? Ne siete proprio sicuri?